E poi ho incontrato quella vecchina col cane
Ho ripreso piano piano a corricchiare dopo quattro mesi di stop forzato. La paura che si rifaccia sotto il male c'è, ma di più comincia ora a pesare la constatazione che il tempo di immobilità (dal punto di vista correreccio) mi faccia ricominciare tutto da capo, e mi pesa un bel po' dover ricominciare tutto. La paura è di dover risentire ora tutti gli sforzi, tutti i mali provati all'inizio, quando ero arrivata ad un modestissimo, ma accettabile per me, livello di allenamento. Ieri, quindi, lungo il torrente, un misto tra il godimento per poter riprendere le corsettine (pur drizzando le orecchie al massimo ad ogni leggerissima punta proveniente dal tibiale) e lo sconforto per la consapevolezza che le gambe di marmo non se ne andranno via facilmente, che il male a quella destra che mi veniva sempre nei primi mesi del mio esordio, è ricomparso e che ci vorrà un bel po' prima che se ne vada, sempre poi che se ne vada...
L'aria freschina del dopo acquazzone l'avrei apprezzata di più senza questo malumore, senza la sensazione di avere una gamba di legno ed un piede insensibile... e poi ho incontrato quella vecchina col cane, una donnina che forse sarà stata quaranta chili giuro, non so quanti anni potesse avere, ma aveva di sicuro un paio di occhi dolci e scuri, acquosi, buoni... e il cane: uguale uguale a lei, un muso affilato, biondo e un paio d'occhi grandi, marroni, dolci... sembravano tutt'uno e tutti e due modesti, lei che amorevolmente lo tratteneva col guinzaglio, lui che manco ci pensava ad azzannare o ad infastidire chicchessia, ma che si lasciava trattenere docilmente, così ci guadagnava carezze e coccoline...
Passando vicino non ho sentito cosa gli diceva, ma l'iPod nelle orecchie non mi ha impedito di sorridere loro, che formano una coppia dolcissima, nel sentiero tra gli alberi verdi e ancora un po' bagnati, né di notare che lei aveva una maglia davvero lisa e che doveva certo aver visto tempi migliori.
Ora non so perché, ma il fatto è che da quel momento mi è venuto un tale groppo alla gola che ho ringraziato il cielo che non ci fosse nessuno sul sentiero a sentirmi emettere quei suoni strozzati che mi salivano da dentro senza nessuna ragione. Perché mi commuoveva così quella visione? Cosa mi evocava?
E come si poteva correre con la gola chiusa che quasi non passava l'aria? Non lo so, ma in un qualche modo si potrà, dato che ho continuato... e ho riflettuto che non è la prima volta che, correndo, un semplice incontro, uno sguardo, un'immagine, si carichi di un significato esagerato, moltiplicando ricordi e sensazioni, spalancando la porta ad infiniti collegamenti e pensieri, come se il correre abbattesse le difese di cui il proprio io si riveste nella quotidianità; e così, mentre fatichi un passo dopo l'altro, sei indifeso e tutte le sensazioni ti investono e colpiscono con maggior violenza e profondità... ecco forse perché le crepe nell'asfalto ti sembrano intrecci meravigliosi e i ciuffi d'erba ai lati foreste miniaturizzate, le nuvole diventano quelle di Van Gogh e l'azzurro del cielo assume nuances e tonalità che non sei sicura che siano le stesse di quando non corri...
Ed ecco forse perché una vecchina con gli occhi dolci e buoni come quelli del suo cane ti commuovono, magari perché ti hanno ricordato gli occhi dolci e buoni di tua madre che se n'è andata due mesi fa. E tu, correndo, in quel momento non avevi le difese quotidiane attivate...
Cinzia Califano
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