L'aria della Garfagnana
"In Garfagnana" - cominciò Arturo, il filosofo e storico del gruppo Aig, sottosezione La Ginestra - "in Garfagnana ebbero inizio le prime marce non competitive. Le inventò Ludovico Ariosto, governatore a Castelnuovo ed iscritto al Club Ducale degli Estensi. A quel tempo il campo di gara delle marce era un po' aspro e selvaggio, con qualche brigante e qualche teppista di troppo. Ma il poeta era un camminatore nato e gli piaceva l'aria aperta: con la scusa di cercare i briganti, cominciò ad andare su e giù per vallate, colline, a traversare fiumi e torrenti impetuosi con i suoi balestrieri, armigeri e cavallanti".
"Si svolsero tutte nel Cinquecento le marce più famose: la Castelnuovo/Camporgiano, la Castelnuovo/Trassilico, la Piazza al Serchio/Ponteccio, la Castelnuovo/Dalli e così via. Al momento del ristoro, tutti si fermavano, tiravano fuori i panieri pieni di pane e formaggio e bottiglie di vino e l'Ariosto si metteva a cantare le ottave dell'Orlando Furioso, all'ombra dei castagni. E tutti mangiavano, bevevano, attenti alle storie dei tornei, degli amori magici e fatali, e dei paladini in battaglia".
"Allora" - disse Grazia - "inventò anche il Maggio, quello che si canta in Garfagnana!".
"Non si può dire" - continuò Arturo, lo storico ed il filosofo del gruppo - "ma gli ingredienti eran quelli e c'eran tutti: l'ombra dei castagni, pane, formaggio, salami, bottiglie di vino e canti in ottava con le storie dei paladini. Mancavano le corone di cartone dei re e le spade di latta".
Arturo tacque e la corsa continuò. Eravamo a Bolognana, alla "Marcia dei mulini" e nella frescura del bosco, dopo la salita iniziale, cominciammo a scendere lentamente verso la valle, lasciandoci alle spalle i contrafforti delle Alpi Apuane.
E sul sentiero ci fu l'episodio di Grazia. In corsa prese in pieno una radice sporgente e finì giù distesa per terra, le braccia tese in avanti, allungata come una tuffatrice dal trampolino.
Ma perché ci vien da ridere quando si vede qualcuno che non sa più cos'è l'equilibrio e finisce con un pattone?
C'era anche "Polvere" e tutto il servizio scopa a ridere, anche perché Grazia non s'era fatta niente.
Poi tutti giù di corsa verso l'arrivo. Lì, un distinto signore, con una cicca di sigaro tra le labbra, in un angolo della bocca, ci consegnò la coppa. E noi tutti ci gettammo sui panini, bevemmo il vino bianco nel trofeo conquistato, da buoni sportivi, e cominciammo a cantare all'ombra del boschetto. Proprio come l'Ariosto, inventore delle marce e del Maggio, anche lì c'erano tutti gli ingredienti: l'ombra dei castagni, i panini col formaggio e mortadella, il vino e proprio in quel momento qualcosa stimolò il nostro cantare, in ottava.
Ci puoi giurare: era l'aria della Garfagnana...
Manrico Panerai
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