Ho corso nudo per voi
Usa/Washington - Credo che correrò il rischio di passare per esibizionista ma una certa qual "coscienza" podistica non mi farebbe dormire se non vi rendessi partecipi dei dettagli di una corsa incredibile alla quale ho partecipato domenica 30 luglio, a cinquecento chilometri da Seattle, negli Stati Uniti, dove mi trovavo vuoi per trascorrere le meritate ferie. È questa una corsa alla quale facevo il filo da diversi anni senza mai riuscire a trovarmi nel posto giusto al momento giusto. Il perché è presto detto: questa insolita manifestazione è infatti una cinque chilometri da corrersi vestiti come si vuole, o meglio - visto che parte ed arriva in un campo nudista nascosto nel verde delle montagne che circondano uno degli splendidi laghetti del nordovest americano - più o meno nudi a seconda del rapporto di familiarità che abbiamo con il proprio corpo.
Il titolo è tutto un programma: "Bare Buns Fun Run" ovvero "La corsa dei sederi nudi". Inutile dire che dei duecento partenti la stragrande maggioranza era completamente spogliata! Se ancora vi state chiedendo se ho corso anch'io completamente nudo, la risposta è si. Scarpe da corsa, calzini di quelli bassi sotto la caviglia, che non si vedono ma ci sono, e numero di gara (legato con uno spago di lana, niente spilli). Dai, davvero, come fare a lasciarsi scappare un'occasione simile dopo quasi trenta anni delle solite corse? Come si fa ad essere il direttore di una rivista podistica e non "aprire la strada" mostrando nuove vie a tutti i podisti? Ho corso insomma nudo anche per voi.
Ad essere sincero ho avuto un momento di dubbio, ma solo all'inizio. Alle nove infatti alcuni volontari (le prime avvisaglie di nudo integrale) hanno chiuso come da programma il cancello a due chilometri dal campo, per cui insieme ad altri ho dovuto parcheggiare fuori, svestirmi, e raggiungere la partenza. Mentre ero lì che correvo ignudo da solo su questa strada sterrata in direzione della partenza, le sensazioni erano le più diverse. Un po' di vergogna, attimi di panico (sono nudo!), poi calma piatta, tranquillità assoluta, anche euforia. Correre nudo nel bosco non è malaccio: molto più che andare a piedi nudi nel parco. L'aria fresca offre piacevoli sensazioni, si direbbe quasi di riuscire a sentire il profumo degli abeti a fior di pelle, e credo di non essermi mai sentito più libero di così nell'atto del correre (vorrei dire "provare per credere" ma credo che le occasioni per farlo, legalmente, siano davvero poche). Quella libertà che si prova tutte le volte che ci troviamo a correre nella natura, qui è moltiplicata per cento: sono stato tentato più volte di togliermi anche le scarpe e correre davvero senza niente addosso (per fare le cose davvero fino in fondo avrei però dovuto fare a meno anche degli occhiali ma la prospettiva di perdersi in un bosco praticamente cieco e completamente nudo non mi allettava alquanto, per cui non ne ho fatto di niente).
Insomma, mentre ero lì che correvo da solo su questa strada sterrata in direzione della partenza mi sono fermato titubante sul da farsi quando ho intravisto in lontananza una coppia che invece aveva deciso di partecipare in maniera, diciamo, tradizionale, cioè con i vestiti addosso. Mi sono di fatto ritrovato a camminare, bloccato da ancestrali dilemmi. Cosa faccio? Li sorpasso nudo così come sono? Li supero ma da dentro il bosco, senza farmi vedere, trovando un sentiero che costeggi la strada? Sto dietro ed aspetto di arrivare camminando al campo nudisti dove poi saranno loro ad essere "fuori luogo"?
Ecco il primo dubbio è stato questo. È il retaggio culturale che affiora e ti blocca facendoti notare (da un certo punto di vista) l'assurdità della situazione. D'altronde era la prima volta che mi ritrovavo spogliato all'aperto a dover fare i conti con la presenza di altri e per di più vestiti. La decisione è stata inappellabile: hai voluto partecipare ad una corsa per nudisti? Ecco allora niente mezzi termini: si va avanti.
Li ho pure salutati. Loro (elegantemente? naturalmente?) non hanno dato segni di notare che avevano appena incontrato un podista nudo spuntato dal mezzo al bosco, e quella che poteva essere una situazione alquanto imbarazzante o per lo meno ridicola, si è risolta nella maniera più naturale possibile. Il che - quello della naturalità dell'essere nudo - è la cosa che più colpisce. In se stessi e negli altri. Non so chi di voi sia mai stato in un campo nudista, ma entrandovi si entra anche in una dimensione diversa, dove la normalità ha altri parametri, segue altre regole. Oserei dire quasi quasi che il nudo non si vede.
Io ovviamente non sono mai stato un nudista, per cui il campo nudisti era proprio come tutti pensano che sia: un posto pieno di uomini e di donne nude. Perdonatemi la franchezza ma me li sono guardati tutti: alti, bassi, grassi, magri, uomini, donne, podisti, organizzatori, staffette, il musicista sul palco (!), insomma niente di perverso credetemi, solo curiosità per uno spettacolo al quale non capita tutti i giorni di assistere: centinaia di persone che si comportano come se fossero vestite, ma che non hanno più segreti: vedi le loro cicatrici storiche, i loro tatuaggi segreti, le imperfezioni del loro corpo messe - e proprio il caso di dirlo - "a nudo". Vedi lentiggini e smagliature, pelle e stomaci, peli rasati o incolti (quanti peli!) di tutti i colori. Non è tutto sommato un bello spettacolo. È più una sagra delle disgrazie umane (restituendo o meno a "disgrazia" il significato originale di "senza grazia").
Ma è anche buffissimo, per te che ti consideri (ancora) un podista "normale". Sei alla partenza e tutto è uguale ed al tempo stesso da non credere. Siamo in duecento ma non siamo, per esempio, pigiati come ci si aspetterebbe: quando siamo nudi lo spazio personale è più ampio. Anche sfiorarsi un braccio dà una sensazione amplificata che ti porta a scusarti più del solito. E poi gli atleti "seri" si riconoscono subito: sederi sodi, muscoli scolpiti, ed una propensione tutta particolare nel non considerare "vestiario" gli occhiali da corsa, il cardiofrequenzimetro, la ginocchiera o il cronografo. Qualcuno corre con il cappellino ed il numero spillato sopra.
Da non perdersi (sempre dal punto di vista della nostra "normalità standard") anche il momento del via. Solo la partenza della corsa all'indietro mi ha fatto ridere di più. Devo ammettere infatti che rimane sempre più "comico" vedere podisti che corrono all'indietro, quasi un film alla moviola, che un'orda di corpi nudi, una sorta di carnale bolgia dantesca: di questi duecento podisti almeno centocinquanta erano sovrappeso o con qualche chilo di troppo, sottoscritto incluso. Al via sobbalza di tutto, in un tripudio di macelleria al galoppo.
E va bene. Adesso siamo partiti. Siamo tutti nudi, ad eccezione di qualche anziana signora, di qualche ragazzina che ha osato togliersi solo la maglietta o viceversa si è lasciata addosso solo quella (per via di un seno troppo esuberante per poterlo lasciare sciolto), di qualche "pezzo da novanta" e forse anche "da centonovanta" che preferisce non far vedere più di quanto già si riesca ad immaginare. Una signora che supero indossa una maglietta lunga fino alle ginocchia sulla quale è disegnato un corpo nudo da modella (non vale), un altro concorrente ha un camicione con scritto "Sotto i vestiti sono completamente nudo" (allora stai a casa), un'altra podista - malizia del tutto fuori luogo - sta correndo nuda con indosso solo un babydoll di pizzo bianco (peccato sia grande come una canadese a quattro posti).
Siamo ormai smaliziati? Liberi da ogni inibizione? Felici e contenti nel vero Eden podistico? Magari gli altri. Io personalmente no. Mi accorgo che non me la sento di affiancarmi a nessuno, cosa che invece farei subito se corressi "normalmente". Accanto ad una donna mi sentirei a disagio, mi sembrerebbe inevitabile guardarla correre anche solo con la coda dell'occhio e troverei difficoltà a sostenere una conversazione su un qualunque argomento. Accanto ad un uomo ancora peggio: avrei paura di passare per esibizionista o per invidioso a seconda dei casi. Morale della favola: mi corro questi cinque chilometri in gruppo, ma da solo. Guadagno o perdo in continuazione e per scelta quel tanto di terreno che basta per non stabilire legami con chi supero o mi raggiunge. Ai tre ristori gli addetti nudi sono tecnicamente più vestiti di noi in quanto ci servono i bicchierini d'acqua con i guanti di plastica.
A venti metri dall'arrivo c'è un bidone con scritto "Siete ancora in tempo per buttare via i vostri indumenti ed arrivare nudi alla meta", alcuni ci ripensano e si liberano del superfluo. Ma siamo già al traguardo: veniamo divisi in due file, quelli vestiti e quelli nudi, per ritirare rispettivamente la maglietta "di mera partecipazione" o quella ambitissima di "Nude Finisher" (arrivato nudo). Curioso come premio, una maglietta, per una corsa nudista...
All'arrivo ritrovo mia moglie, che - vestitissima e per niente a suo agio - mi dice di aver contato tutti i sassi del campo, visto che non è riuscita guardare altro che a terra. C'è anche David che mi aspetta, il direttore di gara, scarpe, cappello e megafono (e nient'altro), che si congratula con me e mi invita tassativamente a parlare sul palco di questa mia prima gara "ponudistica". Visto che sono il primo ed unico italiano mi è bastato arrivare in fondo per diventare automaticamente una celebrità, insieme al concorrente novantunenne (tutto una pelletica) e ad altri due settantenni che hanno vinto recentemente la loro categoria nella maratona di Kona, alle Hawaii, vestiti. Io sul palco? Nudo? Eh no, sul palco nudo no. Mi metto prima almeno le mutande, scusate. Cambia poco. Dire due cose al microfono è comunque difficile quando decine e decine di persone sono lì sotto completamente nude che ti guardano. Mi era venuto in mente di tirare in ballo l'associazione con i corridori nudi dell'antica Grecia, i podisti dell'antichità, i babbi di tutti gli scarpinatori, invece biascico imbarazzato che è stato bello, che è stata una sensazione difficilmente ripetibile, che sono contento di aver partecipato. È difficile concentrarsi davanti ad una platea di gente nuda.
A richiesta, ed in forma del tutto personale, posso fornire i dettagli "tecnici" (dal punto di vista maschile) riguardanti il correre nudi dalla cintola in giù, i problemi che si incontrano o si teme di incontrare, qualche consiglio su come credo ci si debba preparare ad affrontare una corsa simile. Tutte le domande che mi vorrete fare sull'argomento credo di essermele già chieste io stesso in questi lunghi lunghissimi cinque chilometri. Ho tralasciato volutamente questa serie di particolari che non interessano certo - o addirittura potrebbero offendere - le gentili lettrici o chi non abbia un rapporto equilibrato con il proprio corpo.
La storica copertina di Podismo - L'indimenticabile copertina di "Podismo" dedicata alla corsa nudista americana "Bare Buns Fun Run". |