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La corsa degli scozzesi

Usa/Washington - Sabato 28 aprile sono andato a correre un'altra di quelle corse podistiche fuori dall'ordinario. Era di sabato ma non è questo che l'ha resa insolita. La manifestazione - la "Great Kilted Run" - era organizzata infatti dalla Comunità Gaelica di Seattle, per cui tutti i partecipanti dovevano tassativamente indossare un kilt scozzese. Nonostante il mio matrimonio con una americana di origini scozzesi, non avendo nel mio guardaroba un kilt del clan di famiglia, mi è toccato noleggiarne uno (un po' come si fa con le racchette da neve quando si va a correre la "Ciaspolada" in Trentino). L'ho scelto di una fantasia sul rosso che si avvicina al motivo del clan dei Robertson, che è il clan al quale ora appartengo per intercessa cerimonia. Se non fossi nato italiano mi piacerebbe tanto essere scozzese. E non solo per i biscotti tuttoburro Walker, il kilt, il film "Braveheart", Sean Connery, o i diversi clan (ogni tanto invidio quelli di Siena ed il loro attaccamento alle contrade) quanto per le cornamuse: adoro il suono delle cornamuse.

Beh, la corsa è ovviamente partita al suono delle cornamuse. Era tutto un tripudio di scozzesità (se mi si passa il termine), veramente divertente. La cosa più buffa è stata senza dubbio il notare come tutti noi concorrenti uomini fossimo lì ad aggiustarci pieghe e plissettature, a stare attenti che il kilt fosse ben corto sopra il ginocchio ("da maschi"), e che insomma "tornasse bene". Neanche dovessimo presentare il famigerato modello Giuditta. Ma il divertimento è andato ben oltre questa fiera delle vanità. Praticamente ho corso sempre con il sorriso sulle labbra e questo è indubbiamente un punto a vantaggio degli organizzatori (che poi - quando smettono le cornamuse - sono gli stessi della maratona di Seattle).

Riguardo al correre con la gonna, sempre meglio che nudo direte voi. In effetti è stato abbastanza piacevole, nel senso - non mi fraintendete - che non solo le ginocchia erano al caldo ma anche il ritmico ondeggiare della gonna in corsa ricorda continuamente la gioia della libertà di movimento del correre, cosa che altrimenti uno ormai dà per scontato. A scanso di equivoci, e visto poi che non sono scozzese, ho corso con i pantaloncini sotto, avendo il buongusto di fare in modo che fossero sempre ben nascosti sotto il kilt. Non tirava comunque vento.

A colpo d'occhio la corsa mi ha ricordato una corsa che si svolge a Firenze, la "Rosamimosa", gara tutta femminile alla quale ogni tanto qualche uomo partecipa travestito da donna, per fare il simpatico a tutto tondo o perché proprio non sa rinunciare a correre neanche una volta. Questa volta il travestito ero io.

Se non altro non ero solo. Eravamo oltre duecento. Alla partenza mi sembrava di essere tornato agli anni settanta, alle prime corse dove le donne correvano ancora con la gonna. C'erano sottane da tutte le parti e di tutti i colori (e di tutte le dimensioni). Al via un ondeggiamento di gonnelle che non vi dico. Mai motto come "non è tutto oro quel che luccica" è stato più appropriato, però. Corri e ti ritrovi a pensare tra te e te "Quella la ripiglio prima della curva" e poi invece è uno coi baffi. Dai polpacci talvolta non si capiva.

A titolo di cronaca sono arrivato centoundicesimo degli uomini in mezz'ora esatta (30 minuti). La gara era di cinque chilometri soltanto; peccato, perché è stata divertentissima! Lasciatevi una data libera sul calendario del prossimo anno, se aveste mai intenzione di fare un salto in America fuori stagione.



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