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Sono andato come le fucilate!

Usa/Washington - Quest'anno ho saltato la corsa nudista ma nella stessa data, 29 luglio, sempre a caccia di novità mi sono cimentato in un'altra manifestazione insolita. Vestito. Lo dico subito a scanso di equivoci. Credevo di averle corse di tutti i tipi (nudo, all'indietro, col kilt scozzese, ventiquattrore a girare su circuito, in gara contro un ponte levatoio) e invece questa mi mancava. Il bello è che si trattava di un tipo di gara insolita per noi podisti, ma abbastanza "comune" nel recente panorama sportivo. Era una gara di biathlon estivo. Il biathlon estivo - da non confondersi assolutamente con il duathlon di ciclismo e podismo - è una disciplina istituita da poco come allenamento alla specialità olimpica del biathlon (invernale): mentre quest'ultimo si articola su sci di fondo e tiro al bersaglio, la versione senza neve prevede la corsa a piedi. Ovviamente mi sono subito doverosamente documentato, per sopperire se non altro con la conoscenza alla mia scarsa prestanza atletica: il biathlon originale affonda le sue radici addirittura al 1776, ed appare come sport dimostrativo nelle prime Olimpiadi invernali di Chamonix (e poi ancora in quelle del 1928, del 1936 e del 1948), ma si deve aspettare il 1958 per i primi campionati mondiali, ed il 1960 per vederlo ufficialmente consacrato come specialità olimpica. Il biathlon estivo - che sta conoscendo una rapida espansione - è invece nato solo nel 1987 a Memphis, nello stato americano del Tennessee. Ho voluto raccogliere le mie impressioni su questa gara divertentissima (ed organizzata alla perfezione) "fotografando" da buon podista i momenti della corsa. Buona lettura.

Sto correndo. Sto andando come le fucilate. In effetti non potrei pensare a niente di più appropriato, visto che sono appena partito a tutta velocità lungo il primo dei tre tratti di un chilometro e mezzo su cui si articola la gara di summer biathlon (biathlon estivo) in pieno svolgimento stamattina ad Issaquah, cittadina a mezz'ora da Seattle. Si corre, si sparano sdraiati in terra cinque colpi col fucile, poi si corre di nuovo, si spara una seconda serie di colpi ma in piedi, quindi si corre un'ultima volta. Sono sul sentiero sconnesso in mezzo al bosco che sto inseguendo i miei due diretti avversari. La partenza è infatti scaglionata a gruppi di tre/quattro concorrenti. Uno dei due è proprio Chris Caviezel, l'organizzatore di questa insolita gara podistica. Io sono già terzo su tre (bontà loro). Vado come le fucilate, per cercare di fare bella figura almeno nei primi cento metri, ma i due hanno già preso vantaggio. Eppure, prima del via mi ero promesso di cercare di correre al risparmio, per arrivare alla postazione di tiro senza fiatone, in maniera tale da poter mirare bene il bersaglio, senza la canna del fucile che ondeggia al ritmo del cuore-tamburo. Ma non ho saputo resistere. È lo stress della partenza col cronometro: meno cinque, quattro, tre, due, uno e via. Si scatta come molle, anche a non volerlo.

Sto ancora correndo. È il secondo tratto. Sempre il solito bellissimo percorso in mezzo al bosco, un impegnativo saliscendi su aghi di pino prima, in mezzo a rovi di more e lamponi poi, e per finire su una strada forestale bella larga. Ho ancora addosso l'odore della polvere da sparo. Sono arrivato al poligono come mi ero aspettato di non arrivare, ovvero con il fiatone ed il dolore in fondo alla gola tipico di chi ha corso troppo veloce respirando a bocca larga. O se vogliamo tipico del novellino che si è fatto prendere dall'emozione. Il giudice ha registrato il mio passaggio poco prima della "Walk Zone", la breve parte di percorso che precede l'ingresso al poligono nella quale è obbligatorio andare di passo. Mi sono infilato i tappini negli orecchi (avendo già gli occhiali di mio, questa era l'unica altra precauzione imposta dal regolamento) ed ho imbracciato il fucile. Mi sono sdraiato, ho cercato la posizione ed ho infilato il caricatore con le cinque cartucce calibro ventidue. Le mie cinque possibilità di fare cinque centri. Non una di più. Rivivo tutta la scena al rallentatore. Uno dei giudici di gara è lì al mio fianco, in piedi, a controllarmi. Il bersaglio, cinquanta metri più in là, è formato da cinque cerchi neri che grazie ad un braccio meccanico diventano bianchi solo se vengono colpiti. Inquadro il bersaglio, lontanissimo, nel mirino ma dentro al petto sto ancora correndo. Il fucile sembra la bacchetta di un direttore d'orchestra: non riesco a tenerlo fermo. Il primo dei cinque cerchi rulla e rolla. Trattengo il respiro e lo inquadro per una frazione di secondo. Troppo poco. Il bersaglio esce dal mirino. La canna del fucile ondeggia un altro po' ed ecco che il bersaglio riappare. Sembra quasi un videogame con l'orso che ti passa davanti. Trattengo ancora il respiro e mi concentro. Ora sono allineato. Sparo. Centro. E uno! I secondi intanto passano. Tiro a me il cane del fucile e lo riporto in posizione. La cartuccia vecchia viene espulsa fuori. C'è un po' di fumo che esce dalla canna ed odore di petardi di capodanno. Un altro proiettile è pronto in canna ed io passo al secondo bersaglio. Sudo immobile. Non respiro e sparo di nuovo ma un rumore metallico mi fa capire che stavolta ho sbagliato mira. Non c'è niente da fare. Nessun rimpianto. Lo spettacolo deve continuare. Passo al terzo bersaglio. Mi concentro e sparo. E due! Ancora centro. Vai col quarto. Facciamone fuori altri due così magari mi danno la bambolina. Invece nulla. La storia della bambolina mi deconcentra e sbaglio di nuovo. Uno si e uno no per ora. Il quinto è quello buono allora. Sparo ancora una volta in apnea ed è un altro centro. Tre su cinque non è male: forse sono più bravo a tirare che a correre. Riconsegno il fucile al giudice. Sono due penalità mi dice, e poi lo ripete nel walkie talkie all'altro giudice che mi aspetta fuori. Cammino via veloce per uscire al più presto (ma sempre senza poter correre) dal poligono e dalla "Walk Zone" e mi immetto sul circuito secondario, il "Penalty Loop", la penitenza per chi sbaglia. Due colpi a vuoto? Due giri di cinquanta metri da aggiungere ai cinque chilometri del percorso. Tutto sommato mi è andata bene. Insieme a me altri due concorrenti stanno "facendo le vasche". Al termine del secondo giro ho il permesso di rientrare sul percorso e di affrontare il secondo tratto di un chilometro e mezzo.

Sto correndo di nuovo. Terzo ed ultimo tratto podistico. Adesso posso solo sperare di correre veloce, ma - ironia della sorte - sono i miei piedi ad essere di piombo. I muscoli delle gambe risentono del continuo saliscendi del tracciato e la gola ancora brucia per il primo tratto corso sconsideratamente. Inoltre, come temevo, nella seconda serie di bersagli non ho fatto neanche un centro, per cui mi sono dovuto fare un bel girotondo di penitenza. Cinque giri. Come essere in una lavatrice. A dire il vero sono arrivato alla fine del secondo tratto di corsa abbastanza determinato e caricato positivamente dai tre centri di prima, ma sparare stando in piedi richiede molta più concentrazione e talento che farlo stando sdraiati ed anche i professionisti in questa seconda prova di tiro fanno spesso cilecca. Devi trovare l'equilibro, devi fare leva col gomito sul fianco appoggiando la canna su questo treppiedi naturale e restare immobile quando invece tutto il tuo corpo sta ancora pulsando furiosamente per la corsa appena interrotta. Tre colpi a segno su dieci sarà il mio primo risultato: c'è da esserne più che contenti. 34.38 il mio tempo finale: ragazzi, sono davvero andato come le fucilate!



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