Il rinomato olio di Brisighella
Nella sua "Storia di Brisighella e della Val d'Amone" del secolo scorso (Faenza, Tipolitografia Conti, 1869-72) Antonio Metelli ci racconta del territorio romagnolo, che ancora oggi costituisce un prezioso patrimonio paesaggistico, soffermandosi sulla qualità del suo olio di oliva:
Secondoché il terreno si solleva in colline o cresce in monti, che poi salgono gradatamente in ertissimi gioghi fino ad aggiungere alla sommità dell'Appennino, variano nella Valle di Amone i frutti, che natura dispensa a tenore de' luoghi e del clima. Imperocché dove appena cominciano a spuntare le collinette, e a far riparo coi loro dorsi ai venti, che spirano da tramontana, ivi vedesi verdeggiare di perpetue foglie l'ulivo, raro dapprima, poi cresciuto in numero e unito alle vigne spargersi insieme con esse lungo la sinistra giogaia, che volge a mezzodì tanto che per lo spazio che la medesima corre da Fognano fino a Brisighella, quelli co' rami, queste co' tralci quasi tutta l'adombrano. Le ulive, che quivi particolarmente si raccolgono, e nei concavi seni della valle, dove fa un'aria tepida e benigna, non sogliono per l'ordinario ascendere ad uguale quantità, essendo il mignolare dell'ulivo, anziché stabile, alternativo, ma i frutti sono sempre così perfetti, che ne stilla da essi un olio finissimo.
Ma il territorio di Brisighella non è solo rinomato per le sue olive. Anche il vino locale, fichi e castagne suscitano parole di lode nel commentatore:
Quanto alle vigne il vitigno che generalmente v'abbonda è il Sangioveto, che dà un vino più nero che vermiglio, ma polputo e saporito, di cui si fa commercio cogli strani, e per cui hanno nominanza questi luoghi aprichi. E di fatto ogni altra generazione di frutti vi è quivi dipinta dal sole con sì vivi colori, e dal cielo e dal suolo fornita di tal sapore e fragranza, che vincono di gran lunga quelli della pianura, esempio de' primi l'uva, degli altri il fico, di cui né più dolce, né più grata, né più dilicata cosa è forse dato il trovare altrove. E dove crescendo i monti, ed inselvatichendo il suolo va cedendo l'ulivo, sottentrano opportunamente i boschi di castagno, che colle verdi e lucide loro foglie coprono le cime, dai quali è largita tanta copia di frutti, che una volta si mandavano a Venezia, e fino in levante, ed ora dopo aver supplito ad ogni altro difetto di viveri, che per caso vi fosse, si spargono per tutta Romagna offrendo gratissimo cibo agli abitatori delle pianure.