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Una maratona all'estero: London Marathon

Correre prevalentemente maratone italiane è per noi un dovere che riserva anche soddisfazioni intense; ma uscire di patria un paio di volte l'anno insegna cose che da noi sono merce rarissima: la chiusura assoluta al traffico per esempio, incluso perfino il divieto di sosta delle auto lungo il percorso; o il controvalore della tassa d'iscrizione offerto non con una borsina della spesa alimentare, ma attraverso servizi di autentica utilità. Tutto ciò si trova al massimo grado in Europa nella maratona di Londra, non a caso la più frequentata del continente, con quarantamila e passa partenti nonostante le iscrizioni chiudano con vari mesi d'anticipo: per la prossima edizione, che sarà la ventesima ed è programmata per il 16 aprile 2000, si consiglia di muoversi entro gennaio, eventualmente attraverso il sito Internet http://www.london-marathon.co.uk.

Anche l'entusiasmo popolare sta ai massimi livelli, sostenuto com'è da un'accorta politica degli organizzatori, che distribuiscono addirittura bandierine da compilare col nome dell'atleta tifato: "Vai, papà John, vai!"; mentre le parrocchie (come quella della cattedrale di Westminster) inseriscono nel foglietto degli avvisi l'invito per i fedeli a restare dopo la messa per sostenere i corridori o preparar loro i ristori. Lungo il percorso non mancherà un prete, vestito di tutto punto come il suo chierichetto, dedito a innaffiare generosamente di acqua benedetta i maratoneti.

La capacità organizzativa si vede fin dal ritiro dei pettorali, talmente veloce (sebbene sia complicato dalla consegna e taratura dei "championchip") da lasciare nell'iscritto il dubbio: ho veramente finito? "Si, certo, va' e buona fortuna!", ti rispondono. Rimane la possibilità, per gli iscritti che si ammalassero alla vigilia della corsa ("non gareggiare se hai avuto la febbre nelle ultime tre settimane!", ammonisce il foglio di istruzioni premuroso come una vecchia mamma), di spostare all'anno successivo la propria iscrizione, liberando così un posto per qualche aspirante rimasto escluso (già nella prima edizione del 1981 le richieste furono il triplo della disponibilità).

A proposito di chip, Londra lo dà gratis (peraltro ritirandolo con modi spicci alla fine). L'aggeggino produce un primo rilevamento dei tempi dopo dieci chilometri, non riuscendo dunque a eliminare gli inconvenienti del tempo perso in avvio; handicap tuttavia non eccessivo grazie alla distribuzione dei partenti su ben tre percorsi, che si congiungono solo dopo cinque chilometri. E poche ore dopo l'arrivo ci sono già le classifiche complete su Internet, e il giorno dopo sul "Times": in Italia, sappiamo bene che il recapito di una classifica dopo un mese è considerato un record (e alcune non arrivano mai), e i tempi ufficiali sono assai più aleatori e mutevoli rispetto alla realtà documentata dal fotofinish.

Il traguardo è nelle adiacenze di Buckingham Palace, mentre la partenza si trova presso l'antico Osservatorio Reale di Greenwich, raggiungibile senza alcuna difficoltà grazie all'eccezionale servizio di trasporto degli atleti: treni speciali gratuiti ogni cinque minuti, e alla stazione d'arrivo centinaia di cartelli e di addetti che pilotano ognuno verso la partenza che gli spetta (luogo, oltre tutto, attrezzato con centinaia di toilette). A proposito di queste ultime, Londra non ha rivali nel mondo: ce ne sono, a gruppi, ogni due miglia, oltre tutto preannunciate duecento metri prima. Né mancano docce lungo il percorso, che ti lasciano gustare, correndo, una deliziosa spruzzatina... oltre a quelle immancabili che manda Nostro Signore. Sul traguardo, però, ci si deve accontentare di due tendoni, privi di qualsiasi attrezzatura, nei quali ti rivesti cercando di infliggere meno gomitate e pestoni possibili ai compagni di avventura (molti dei quali preferiscono cambiarsi fuori, sull'erba o la ghiaia bagnata).

Londra sarebbe poi da imitare per la partenza anticipata di mezz'ora delle donne d'élite, che non hanno in alcun modo la possibilità di farsi trainare da maschietti desiderosi di celebrità e altri compensi: questa scelta è stata compensata, nel 1999, dal primato mondiale femminile in gare di sole donne, ottenuto dalla keniana Kepchumba poco sopra le 2:23. Il tracciato, oltre che velocissimo, è in prevalenza urbano: dalle periferie industriali (peraltro linde e sempre piene di pubblico) e l'ex zona portuale alla mitica Torre (incrociata due volte, alla mezza maratona e al trentacinquesimo chilometro), fino al Parlamento di Westminster e a St. James Park dove si arriva. Quanto ai frequentissimi ristori, acqua e isotonici sono forniti nelle più pratiche bottigliette o flaconcini, da dove puoi bere senza arrestare la corsa e senza sbrodolarti; mai visto poi, nemmeno a New York, un servizio così abbondante, curioso e insieme utile come quello che forniscono gli addetti del St. John's Hospital in divisa d'ordinanza: la distribuzione di vaselina.

Primato anche nella stravaganza degli abbigliamenti dei corridori; ma per favore, non abbatteteli! Ho visto due correre, ai cinque a chilometro, uniti come se fossero gemelli siamesi, ma le loro magliette invitavano ad aiutare gli handicappati: e in genere, la solidarietà sociale, la sensibilità verso i meno fortunati traspare dalle scritte sulle divise di molti, esortanti a fare offerte in favore delle più svariate associazioni benefiche.

Fabio Marri